venerdì 24 dicembre 2010

Centomila tonnellate: Il vero aspetto degli attacchi americani sulle coste atlantiche

Un altro articolo di "Vedetta Atlantica"


La flotta subacquea italiana dall'inizio della guerra che da qualche mese si è trasformata da europea in mondiale, ha dovuto saputo assolvere ai suoi molteplici compiti con perizia conseguendo risultati veramente sostanziali. Il teatro di questa immensa battaglia sul mare che gli avvenimenti le hanno man mano offerto sono stati tempestivamente occupati e in ciascuno i minuscoli scafi di acciaio hanno portato il oro contributo più o meno decisivo, dimostrando ampiamente al mondo intero qual è la tempra degli uomini che li armano.

Nello scacchiere Atlantico con la ristretta aliquota di unità che, lasciate le basi metropolitane si è trasferita sulle coste dell'oceano, i risultati ottenuti sono in relazione il numero dei sommergibili impiegati, forse più appariscenti. E' una forma di guerra particolare quella che sì combatte in oceano ontro il traffico mercantile e non può essere paragonata a quella che le unità metropolitane silenziosamente, pazientemente combattono in Mediterraneo. Lì il traffico nemico non esiste quasi più e quando è indìspensabile lasciare i suoi muniti porti per raggiungere le basi lontane che hanno bisogno di rifornimenti per resistere alla pressione sempre più forte a cui sono soggette, ciò avviene con disposizioni di convogliamento e scorta tali che obbligano le nostre navi di superficie a collaborare con i sommergibili per stroncare potentemente il tentativo. Con tante unità da guerra nemiche in mare i nostri sommergibili vengono allora impiegati principalmente contro di esse asciando alle veloci unità di superficie il compito di distruggere il nucleo di quelle destinate al trasporto dei rifornimenti.

In Atlantico invece il nemico non può accompagnare e difendere per migliaia di miglia il suo traffico necessariamente sempre presente in mare e affida quindi alle numerose piccole unità di scorta il compito di traghettarlo dalle coste americane a quelle dell'Inghilterra. Il bersaglio per eccellenza diventa quindi evidentemente il naviglio mercantile. Con la dichiarazione di guerra all'America il teatro si è ampliato e se da una parte ha ingrandito per i sommergibili dell'Asse le zone da battere, dall'altra ha aumentato le possibilità di attacco che oggi può essere effettuato praticamente contro qualsiasi nave incontrata per mare. Pur non esistendo una vera e propria zona di blocco dichiarato, le unità subacquee non hanno dubbi sulle regole da seguire. Indiscutibile vantaggio questo che ha in certo qual modo semplificato il compito dei comandanti di sommergibili liberandoli dalle pastoie che fino ad oggi avevano legato le loro azioni.

Ampliandosi il teatro della battaglia Atlantica, con l'entrata in guerra dell'America le unità hanno preferito cercare il nuovo nemico davanti alle sue lontane basi e lungo le sue coste. Forse ciò non è parso a tutta prima possibile agli strateghi americani che debbono aver incominciato a capirlo soltanto dopo le prime settimane di guerra, caratterizzate dai disastrosi bilanci sulle perdite subite dal loro naviglio mercantile. Nelle perdite totali che hanno già largamente superato il mezzo milione di tonnellate, le nostre unità hanno raggiunto nella prima ondata la cospicua cifra di contornila tonnellate. I bollettini hanno già dato i nomi dei comandanti ed i successi parziali da questi ottenuti, i giornali hanno già diffusamente parlato delle loro azioni. Un senso di ammirazione per i nostri valorosi equipaggi si e diffuso per la nazione, misto ad un certo stupore per le possibilità impensate dei nostri sommergibili che sono riusciti non senza difficoltà a portare la loro

offesa così lontano dalle basi di partenza.

Le ripercussioni di questi attacchi portati fin sotto le coste americane e nell'interno del mare dei Caraibi sono vaste. A parte le cifre raggiunte dalle perdite di naviglio nemico, ciò che più ha importanza è l'obbligo cha fin dal primo momento ha avuto la flotta americana di difendersi in casa propria. Le speranze che l'Inghilterra dopo la effettiva entrata in guerra dell'alleata America accarezzava, sono cadute. La flotta americana non ha potuto e non potrà nemmeno in seguito, distogliere dal fronte costiero atlantico quel poco delle sue forze che le vicende della guerra in Pacifico le hanno ancora permesso di lasciare. Essa dovrà pensare a difendere il traffico lungo le sue coste e dovrà abbandonare per sempre i convogli inglesi che saranno obbligati a tentare da soli le traversate dell'Oceano. Non si tratta quindi unicamente di semplici perdite di naviglio mercantile che i varii milioni di operai dei cantieri americani stanno cercando di ricostruire in tutta fretta; le varie centinaia di migliaia di tonnellate affondate in America dai sommergibili dell'Asse obbligheranno la flotta inglese a continuare il suo duro lavoro di scorta al traffico già da mesi al limite di resistenza senza possibilità di aiuto. Il traffico diretto in Inghilterra dovrà essere scortato dalla « Home Fleet »; e le perdite da essa subite fino ad oggi non potranno permetterle di assicurare la navigazione ai convogli così necessari alla Madre Patria.

I sommergibili dell'Asse portando l'offesa nei più lontani punti dell'Atlantico, hanno creato una nuova zona pericolosa, immensa, nella quale la potenzialità di difesa nemica si sparpaglia. Ne nasce quindi una maggiore possibilità di attacco da parte dei nostri sommergibili che non potrà non dare i risultati più lusinghieri.

Inseguimento di un convoglio

L'articolo che segue è tratto da "Vedetta Atlantica"

Aspettare un convoglio non è cosa divertente. E l'attesa diventa ancora più pesante quando si tratta di doverlo aspettare per molti giorni.

Si vive allora una vita strana di irrequietezza e non si vede l'ora che i ben conosciuti fumi all' orizzonte indichino l'avvicinarsi del ghiotto boccone. Altera tutto appare più chiaro, i nervi si distendono e si passa di colpo alla fase diciamo operativa, fatta di mille astuzie di piccole manovre, dalle quali dipende la possibilità di conseguire il successo tanto tenacemente voluto, tanto lungamente atteso.

In zona questa volta ci siamo soltanto noi; gli altri, molti altri, sono lontani a minacciare il traffico nelle zone più impensate, dove il nemico non può supporre che ci si possa arrivare. Ma la nostra arma subacquea arriva dappertutto; per essa non ci sono limiti, \non ci sono confini. Ripensando alla vita di quei lunghi giorni nei quali si è atteso il convoglio, giorni uguali passati fra cielo e mare come appesi alla cappa plumbea che ci ha perennemente sovrastato, pare di aver fatto qualcosa di inutile. Perché soltanto dopo molti giorni il convoglio è finalmente in vista. Verso il tramonto quando già si stava per decretare col cambio della guardia, stava infatti salendo in plancia il primo turno di notte, la fine di un'altra giornata vuota, spesa inutilmente a scrutare coi binocoli ogni pezzette di orizzonte, quando già il comandante aveva detto « Ci vuole pazienza, sarà per domani », ecco che lontano, molto lontano, verso il chiarore roseo dell' orizzonte si vedono dei piccoli pennacchi di fumo nero. E' il convoglio, non c'è dubbio, che naviga ad una quindicina di chilometri da noi. Prora sopra a tutta forza. Bisogna essergli vicino prima che faccia buio perché poi è difficile ritrovarlo; vicino per vederlo e' seguirlo nei suoi zigzagamenti sregolati di lungo serpe preistorico, ma non troppo, che la scorta ha gli occhi aperti ed è pronta a mettere la prua addosso. Se cosi succedesse tutto sarebbe perso; bisogna ficcarsi sotto, molto sotto e aspettare che il rumore delle eliche di chi ci sta cercando, si allontani per ritornare a galla ed avere la magra soddisfazione di non trovare più nulla. Siamo soli in zona e bisogna fare molta attenzione a non essere scoperti perché il nostro compito questa volta è quello seguire il convoglio, mantenere il contatto e dar così modo ad n sommergibili che stanno operando lontani, di accorrere in massa prima che le coste nemiche siano vicine. La missione che abbiamo è fra quelle più faticose. Bisogna continuamente intuire la manovra del nemico prima che sia eseguita e pazientare e star buoni anche quando le sagome scure dei piroscafi sono invitanti, cinque giorni è durato questo lavoro di pazienza. Di notte la cosa è relativamente facile perché ci si può avvicinare abbastanza da non essere costretti a tenere continuamente gli occhi al binocolo che stanca maledettamente la vista. Col buio si può azzardare molto e particolarmente nelle ore non di luna. Si può allora giocare di astuzia con la scorta sfuggendo alle sue ricerche, aspettando il momento buono per riprendere l'inseguimento, quando le piecole navi chiare sicure di non essere seguite raggiungono veloci ivoglio dal quale si sono temporaneamente distaccate. Ma di giorno le cose cambiano. Bisogna star lontani, molto lontani, alle

volte al di là del raggio di visibilità ed intuire ciò che il convoglio fa per poter sempre essere in condizioni di prendere contatto quando necessario e segnalare la posizione agli altri.

La vita a bordo procede come sempre. Nell'interno dello scafo si continua a lavorare serenamente, a riparare le piccole avarie che si manifestano, a preparare le armi. Non sembra davvero di essere così vicini al nemico, così prossimi all'azione.

Ormai la gente si è abituata e dalle rapide accostate che fanno sbandare il sommergibile intuisce la manovra. Tutta la barra a dritta. Si sente il rumore del timone che gira per lungo tempo e si capisce che qualcosa sta accadendo. I motori aumentano di velocità. Forse qualche cannoniera nella sua disordinata corsa ci ha messo la prua addosso. Ci ei allontana per evitare di prendere l'immersione. Infatti qualche minuto dopo il solito rumore del timone e questa volta lo scafo sbanda dall'altra parte. Si ritorna verso il nemico. II pericolo di essere avvistati è passato. Il guaio è che i convogli hanno anche la loro brava scorta aerea e contro questa l'unica cosa possibile per non farsi vedere, è sparire. Sono secondi palpitanti quelli dell'immersione; un lungo fischio echeggia nell'interno. La vita ha un momento di arresto. Tutti prendono posto ai loro macchinari. Si va sotto. Quanto ? Non importa. Il silenzio che accompagna la manovra è rotto soltanto dalla voce del timoniere che dice la quote. Ci si ferma dove ha deciso il Comandante, in relazione allo stato del mare, alla luminosità dell'acqua, a tante altre cose. Sopra, si immagina il grosso aereo rombante passare su di noi ignaro. Bastano pochi minuti. Si ritorna su a vedere. Si riprende la corsa verso il fumo nero che il convoglio ha lasciato dietro di sé. E così avantri per tanti giorni fino a che gli altri sommergibili sono finalmente vicini, tanto vicini da vedere il convoglio, da poterlo seguire per sferrare insieme l'attacco. Allora, il nostro compito finisce o meglio cambia. Non più mantenere il contatto, ma attaccare, attaccare a fondo con tutti i mezzi e affondare quanto più è possibile. E' la tanto attesa conclusione che riempie di entusiasmo anche l'ultimo marinaio di bordo, anche quello che non viene mai in coperta e che' non vede lo scoppio dei siluri. Questa volta però per noi non è possibile fare molto; nelle riserva di bordo non c'è più molta nafta per correre; la base alla quale bisogna ritornare è lontana. Fatti e rifatti i conti con. tutte le ottimistiche previsioni di chi vuole ad ogni costo agire, il Comandante ha deciso di ritornare dopo il tramonto. Due ore di possibilità e poi bisogna iniziare il rientro. In due ore se si ha fortuna si può fare molto !

Altri sommergibili sono già a contatto e si può quindi operare. Ma bisogna far presto, perché se no, si arrischia di rimanere a mezza strada senza una goccia di combustibile. Il convoglio non. è lontano e caduta che sia la notte, camminando a tutta forza lo si può raggiungere ancora nel limite di tempo stabilito. Il mare che è un pò mosso scende dritto di prora e si spezza contro la torretta di acciaio, dòpo aver sommerso la prua tagliente dello scafo. I motori girano al massimo. In plancia il Comandante è immobile, lo sguardo sul nemico che nel buio si intravede appena. Sta pensando forse da quale parte convenga attaccare. Tutti tacciono. Mancheranno pochi minuti all'accostata che punterà i siluri contro le sagome scure dei lenti piroscafi carichi, id un tratto, qualcosa succede improvviso. Sul fianco di un grosso piroscafo di testa che si vedeva appena, la scoppio rossastro di un siluro sale sul cielo buio. Quasi nello stesso istante un'altro scoppio sordo alza la sua colonna nera sui fianchi di una sagoma più nterna. Maledizione ! L'attacco è incominciato troppo presto. Bastava che l'altro avesse atteso ancora qualche minuto. Ma come poteva sapere di dover attendere ?

Non c'è tempo da perdere. Qua e là si accendono razzi colorati, Dengala illuminanti, fasci di riflettori. In pochi istanti è dato .'allarme e la zona è illuminata a giorno. Come fare ad avvicinarsi ? Bisogna tentare. Nessuno parla in plancia. Tutti sanno che il Conandante tenterà. Tutta la barra a sinistra. Massima forza. E' questione di secondi. Si tratta di arrivare afferrando il risultato tanto atteso o non arrivare. Secondi che sembrano eterni, lenti a passare, nei quali sì vive, si sente, si vede ogni minimo particolare. Davanti a noi ancora troppo lontano un piroscafo naviga nel chiarore dei bengala appesi al cielo nero. Sarà la nostra vittima se la fortuna ci assiste. Ancora qualche decina di metri, ancora qualche secondo.

« Fuori uno — Fuori due ».

La sirena ha dato il suo ordine. Rapida immersione. Bisogna sfuggire alla scorta che non può non averci visto. Quando rivedremo la luce del. giorno, sul mare oleoso che ci circonda siamo soli. La tragedia è passata. Il convoglio ha proseguito lasciando sul posto qualche suo membro. Ne fanno fede i rottami che galleggiano pigri sull'onda lunga dell'oceano.

Vedetta Atlantica



La Base Atlantica aveva un settimanale illustrato intitolato Vedetta Atlantica. Ne pubblico dal numero del 21 aprile 1942 la copertina e l'ultima pagina, particolarmente interessante perchè mostra alcune fotografie della vita della base.

Il sommergibnile Brin e il Sacro Cuore di Gesù

Il 26 febbraio 1941 il Reverendo Padre Messori Roncaglia, Tenente Cappellano della Base Atlantica, consacrava al Sacro Cuore di Gesù il sommergibile Brin. In ottemperanza alle clausole armistiziali il sommergibile Brin fu demolito. Durante questa dolorosa operazione fu ritrovata la sacra immagine che fu recapitata al Comandante Longanesi Cattani, ex-Comandante del Brin, che a sua volta la restituì a Padre Messori con questa lettera di accompagnamento:



La Spezia, 12 marzo 1969

Carissimo,
con i sentimenti che tu ben con0osci io ti restituisco la preziosa immagine che tu donasti al nostro Brin e che ci ha sempre protetti e guidati. Tu potrai conservarla insieme ai nostri ricordi, alla nostra emozione, al nostro affetto per te.
An cora grazie con tutto il cuore a nome di noi tutti.
Un abbraccio con antico fedele cameratismo dal tuo Angelo Longanesi Cattani.

mercoledì 10 novembre 2010

Naufraghi del Calvi

Testo della lettera inviata a Padre Messori Roncaglia, cappellano della base atlantica dai naufraghi del sommergibile Calvi autoaffondatosi il 25 luglio 1942 in Atlantico dopo un combattimento con navi inglesi. Probabilmente con il Calvi perirono alcuni marinai inglesi che riuscirono a salire sul sommergibile per catturarlo. I superstiti furono raccolti ed assistiti dal comandante Dalinson che fu amico del comandante Longobardo durante la loro permanenza in Cina. Il Dalinson che moriì tragicamente in Canada mostrò ai uperstiti un portasigarette con riprodotta la firma di Longobardo e la scritta "fraterna amicizia"

3/11/42/xx
Reverendo Padre,
siamo separati da Voi materialmente, ma il nostro pensiero è costantemente rivolto a Voi. I pochi rimasti del nostro eqipaggio abbiamo avuto per grazia di Dio la possibilità di restare assieme e viviamo come fratelli come per il passato. Il nostro amato Comandante [illeggibile] dei sommergibilisti, ci ha lasciati. In un aspro combattimento è stato trapassato da una cannonata nemica e si è immolato nella morte degli Eroi. Egli dall'alto del cielo ci vede e ci sorride. Oggi giorno dei morti ci sentiamo tristi più che mai, nell'impossibilità di solcare l'Atlantico e recarci là, dove sul fondo giace uno scafo glorioso con in plancia il suo condottiero che neppure la morte è riuscita a separare. In questo giorno in cui noi Italiani siamo soliti pregare per i nostri defunti, ci uniamo a Voi ai piedi della notra amata Vergine protettrice dei Sommergibilisti affinchè interceda per il meritato riposo dei nostri cari, che rivivono nelle pagine della Storia

Vita sessuale nella base

Ho trovato questo documento in cui le autorità della Base Atlantica davano le misure igienico sanitarie per i marinai che volessero avvalersi delle prostitute bordolesi


CASE DI TOLLERANZA

E' permessa lu frequentazione soltanto delle seguenti caso di tolleranza :


54, rne de. Belleyme Lido

34, ,, de Galles Moulin Rouge

39, ,, de Galles Sultana

415, ,, de Galles Etoile

44, ,, de Galles Glaces

49 ,, de Galles Montmartre

1, ,, Laterade Sphinx

52, ,, des Glacières Perron


Soltanto queste case sono strettamente e scrupolosamente sorvegliate dall'autorità sanitaria: percio' solo con la frequentazione di queste e con l'osservanza delle prescrizioni profilattiche è possibile evitare il grave pericolo del contagio venereo.

I rapporti sessuali con le meretrici clandestine che frequentano, bar, caffe e locali notturni soiid causa di 99 su 100. delle infezionl veneree deplorate fra il personale della Base: detti rapporti sono proibiti ed i trasgressori saranno severamente puniti

NORME PROFILATTICHE ANTIVENEREE . .

Prima dl'ìnlziare il rapporto sessuale:

i.) - Lavarsi accuratamente i genitali esterni con acqua e sapone applicando poi la pomata mercuriale sul glande e sul solo balano-prepuziale. La pomata è a disposizione in tulle le camere delle prostitute.

2.) - Pupo la precedente operazione, applicare sempre il preservativo, anche se la prostituta tenta di opporsi all'uso di questo, asserendo di essere sana.

Al termine del rapporto sessuale: '. /

3.) - Praticare una ulteriore pulizia del membro dopo aver allontanato il preservativo con la massima precauzione, allo scopo di evitare ogni possibilità accidentale di infezione, facile a verifìcarsi per semplice contatto con le dita.

4.) - Dopo la frequentazione della casa di tolleranza eseguire la comune profilassi antivenerea presso l'ambulatorio dell' Infcrmeria della Base, tenendo presente che questa pratica deve essere eseguila entro breve tempo, non oltre le due ore dal termine del coito, come, condizione indispensabile per evitare il contagio venereo

Chiunque accidentalmente sia colpito da. infezione, ha l'obbligo di presentarsi senza ritardo al sanitario della Base, che provvederà alle necessarie cure. E' fatto espresso divieto ai militari cho si ammalano, di ricorrere alle cure di medici della città. Le Autorità francesi hanno ricevuto severi ordini in proposito.


Sul frontespizio del documento il seguente avvertimento:

. Ricordi che soltanto osservando scrupolosamente le norme profilattiche antiveneree potrai conservare un Marinalo ldoneo per la Patria ed un cittadino sano per la famiglia,

domenica 17 ottobre 2010

Lettera di padre Messori

In questa missiva del 4 gennaio 1941 il Cappellano della Base Atlantica, Padre Missori Roncaglia, racconta il suo arrivo a Bordeaux e la sua prima impressione della base. Si accenna, a metà lettera, alla morte del Tenente di Vascello De anctis, che perì l'11 dicembre del 40 durante il rientro del sommergibile Argo. La missione dell'Argo nell'Atlantico del nord durò dal 22 novembre al 12 dicembre del 40. Il rientro fu provocato da danni subiti nel corso di un bombardamento aereo.

Carissimi

è un mese esatto che sono partito dal Pensionato per iniziare il mio viaggio verso l'Atlantico, e trovo finalmente il tempo d'intrattenermi un po' con voi, rubandolo, naturalmente,al sonno. Avrei tante cose da raccontarvi: ma mi fermerò' soltanto ad alcune, anche per ragioni che voi stessi intuite.

Il mio viaggio per venire qui, in complesso è andato bene ed è stato abbastanza interessante. Prima d'intraprenderlo potei celebrare la S.Messa (l'ultima che dicevo in Italia) sull'altare dei SS.Pietro e Paolo in S.Pietro e voi potete facilmente comprendere con quanta commozione. Il mattino prima avevo celebrato nell'altare posto nella stanza ove S.Ignazio ha scritto le Costituzioni della Compagnia, alla quale affidava il doppio compito della propria santificazione e di quella degli altri "inquavis mundi plaga"...La sera del 6 ho iniziato il viaggio, transitando per il Brennero, tra la neve, il 7 mattina: un ultimo nostalgico sguardo alla nostra, terra d'incanto che non ha uguali in nessun'altra parte (di quelle almeno che io ho visitato). Alle 14 arrivo a Monaco, ove ho celebratò la S.lessa nella nostra Residenza; poi visita ai principali punti della città, tra i quali la Piazza degli Eroi. Le mie impressioni non sono traducibili per scritto....Alla sera, seconda tappa sino a Colonia, ove, all'arrivo verso le 9 celebro la S.Messa nel famoso Duomo: è la Festa dell'Immacolata e voi potrete facilmente pensare come vi sia stato unito riandando la grande cerimonia che contemporaneamente,ormai tanto lontano, avveniva al Pensionato: ho raccomandato alla Madonna tutti i Congregati e i nuovi Consigli.|Mi reco alla nostra Residenza e mi sì dice che lo Zio (P.Marcozzi lo conosce) sta assai poco bene e se ne teme la morte di momento in momento; fràttanto na assai poche possibilità pur an che di respirazione; nè gli ha fatto meglio l'aria di altre città di Germania . Visito a Colonia con particolare emozìone il luogo ove un tempo risiedeva il Convento dei Domenicani: qui era maestro S.Alberto Magno e faceva i primi passi nello studio sacro S.Tommaso d'Aquino. A sera, terza tappa sino a Parigi attraversando il Belgio: per quanto lo ha permesso la notte lunare si sono potute vedere traccie della guerra che è stata veramente distruggitrice. Si arriva a Parigi al mattino per tempo e mi reco a celebrare la Messa nella insigne Chiesa di N6tre Dame des Victoires: fatidico titolo per un Cappellano Militare!! ma dì quali vittorie dello spirito ho parlato con la Madonna!! Non so se le mie impressioni su Parigi e sulle condizioni della Francia in generale potrebbero resistere al vaglio.della censura, e perciò' le riserbo anch'esse a voce; vi dirò soltanto che ovunque si incontra lo sfacelo di una nazione stravinta. Rivedo Parigi dopo tre anni, da quando vi fui per l'Esposizione Internazionale del 1937: quale spaventosa mutazione! Nonostante tutto i Francesi hannò ancora tanto orgoglio verso noi Italiani da disprezzarci con tutta l'anima e de apreferire a noi, di gran lunga, i Tedeschi. Non ci possono tollerare e ce lo dimostrano in tutti i modi sino a beffarsi, essi, dell'andamento della nostra guerra!! Quant'è triste e penoso questo stato di cose che allontana gli animi di popoli che la Provvidenza avrebbe voluto particolarmente vicini! È ancora più stridente, in queste feste natalizie, la profanazione che l'umanità ha fatto del meséaggip di amore di Cristo Gesù... La sera riparto da Parigi per l'ultima tappa del mio viaggio e posso, la mattina, celebrare la S.Messa nella più vicina Residenza di Padri Gesuiti, che provvidenzialmente non dista tanto dalla nostra Base. Mi è stato offerta fraterna ospitalità; ma non mi è stato possibile di accettarla perché troppo.discosta dal centro delle mie attività. Vi vado per i bisogni dell'anima mia, e per preziose informazioni, trovandovi sempre squisita cordialità, pur sotto la tristezza di chi assiste a si' penose condizioni della propria terra.

I nostri, Ufficiali e Marinai tutti, hanno accolto con vera esultanza la venuta del Cappellano che attendevano già da tanto tempo. Vorrei qui parlarvi a lungo delle imprese mirabili dei nostri uomini di mare e dei loro sommergibili: ma non mi è possibile; vi diro' soltanto che essi stanno vivendo giornate di vero eroismo e di continua dedizione al sacrificio, quali, forse,gì'Italiani non arriveranno mai a comprendere: in Atlantico, oltre gli altri, c'è un nemico insidiosissimo, il mare. Eppure si continua serena l'impresa epica che ci è stata affidata: e quando gli equipaggi ritornano a terra necessitanti di riposo, non è dato loro di trovare l'ambiente più idoneo a ciò' e lo spirito di sacrificio della nostra gente, che a volte ha davvero del leggendario, ritorna sempre fresco a superare sereno tutte le contrarietà!! Sublime, quantunque modesta, lezione a voi giovani che ora state preparandovi alla vita; non dimenticherete tanto facilmente a quale prezzo i destini d'Italia si vanno compiendo; e, me lo auguro, sarete degni di essi.

Io, dunque, vivo la mia vita continuamente in mezzo ai Marinai; la mia stanzetta è una cabina, di un grosso piroscafo che ci fa da base; i pasti li piglio, pure a bordo, con gli ufficiali; e, a bordo, mi sono allestito una graziosissima Cappellina utilizzando un altare discreto che ho trovato sul bastimento stesso e....coperte da letto in setà azzurra che mi sono servite per fare un bellissimo sfondo! Una cosa sola, e la principale, manca nella mia Cappellina: il Santissimo Sacramento. Potrei conservarlo, ma...gli Inglesi non mi danno suffioiente garanzia!! In questa Cappellina dico la Messa tutte le mattine nelle quali non ho speciàli cerimonie a bordo dei Sommergibili o altrove; e attorno all'Altare c'è sempre qualche Marinaio o Ufficiale che si accosta alla S.Comunione. Particolarmente belle le Messe che celebro per gli equipaggi dei sommergibili che partono per la missione in Atlantico e nelle quali si accostano sempre quasi la totalità dell'equipaggio alla S.Comunione. Cerimonia particolarmente commovente e suggestiva è statala Messa celebrata a bordo di un Sommergibile, rientrato dalla sua missione ove si è ricoperto di gloria, ma nella quale ha dolorosamente perduto uno dei suoi migliori ufficiali: l'equipaggio piangeva accostandosi alla Comunione per lui, fulgido esempio di eroismo e di bontà squisita d'animo. E gli uomini sentono molto come il sacrificio loro li avvicini a Dio: credo che raggiungerebbero davvero la santità, se....vivessero sempre in mare!!

La Messa festiva riesce molto bella: la celebro in un grande

locale ove istallo ogni volta l'Altare e vi si da tutta la maggiore solennità. Non potendo far pregare insieme a voce alta i Marinai,come si faceva a Napoli, perché mi manca qui l'aiuto del buon Gesuitino che là avevo trovato in mio soccorso, cerco di supplire distribuendo i librettini di preghiera a tutti e aiutando lo spirito di raccoglimento con qualche disco di musica sacra, ben scelta che si fa suonare in un apparecchio amplificatore che ho istallato per questo preciso fine. Il numero degli intervenuti è sempre quasi totalitario, sia da parte degli Ufficiali che dei Marinai, Oparai, Militarizzati; primo tra tutti l'Ammiraglio.

Natale l'ho preparato con un triduo di predicazione, che dovrei dire "notturna", per i Marinai. Mi portavo, infatti, con loro al luogo distanziato dalla Base diurna, ove dormono per maggiore sicurezza e dentro a uno dei cameroni, salendo su di un lettino di legno, al secondo piano (i letti sono a due piani per guadagnare spazio) parlavo di Gesù' ai Marinai, da questo strano pulpito; poi tutti si cantava "Tu scendi dalla stelle" e una canzoncina alla Madonna; indi Confessioni sino a tarda ora. La mattina dopo, in una Cappellina di Suore di San Vincenzo, vicina a noi e gentilmente concessa, celebravo la S.Messa con Comunioni per il gruppo dei Confessati la sera avanti. E così per le tre sere, decongestionando l'accesso ài Sacramenti il giorno dì Natale. La notte santa celebrai a mezzanotte, in un certo posto, per tutti gli Ufficiali con l'Ammiraglio e si ebbero un discreto numero di Comunioni; all'alba in un altro posto per tutti i Marinai, con una cerimonia molto ben riuscita; verso mezzogiorno la terza Messa per tutti insieme uniti. Con l'aiuto di un ufficiale e di alcuni marinai ho costruito il Presepio, che mi sembra (!!) davvero grazioso: è piaciuto assai: in queste sere ci siamo andati innanzi per la recita del Rosario e il canto di "Tu scendi" in un bel gruppo di Marinai.

II pranzo di Natale ha veduto uniti in fraterna allegria Ufficiali ed Equipaggi, e al pomeriggio c'è stata la distribuzione di doni molto ricchi allestita dal Comando stesso: cosi' è stato meno sentito la nostalgia delle famiglie lontane....

L'ora del tempo e la vostra pazienza m'inducono a por fine a questa mia lunga lettera; voglio soltanto dirvi che vi ho tutti sempre presenti in cuore e nella preghiera: Padri, Fratelli, Professiosti,Studenti; Pensionato, Scuola di Religione....tutti, tutti e vi raccomando sempre alla Madonna nostra Immacolata. Voi, tutti, ricambiatemi questa grazia. Ogni vostra corrispondenza mi sembrerà un poco di Pensionato e un lembo di cielo d'Italia...Addio


Vostro affezionatissimo Carlo Missori Roncaglia